Dott. Franco Berrino


BIBLIOTECA INTEGRALE
Campus Cascina Rosa -Istituto Nazionale Tumori Milano-





Orto sinergico presso Campus Cascina Rosa -Istituto Nazionale Tumori Milano-
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L’ALIMENTAZIONE DURANTE LA CHEMIOTERAPIA
 "Prevenire i tumori mangiando con gusto" ed. 2008
  Prof.Franco Berrino, Già Direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva, 

Istituto Nazionale Tumori, Milano.



La parola chemioterapia incute un certo disagio, perché evoca sofferenze, nausee, paure, bruciori in bocca, allo stomaco, disturbi intestinali, una fatica profonda, e brutti pensieri. Eppure quando s’ha da fare s’ha da fare; fino a quando la ricerca non riuscirà a trovare cure capaci di guarire il tumore senza danneggiare gli organi sani. Perché proprio qui sta il punto, i veleni della ‘chemioterapia’ sono capaci di uccidere le cellule che si moltiplicano, e quindi le cellule tumorali, ma anche le cellule sane degli organi che devono ricostruirsi continuamente, come la mucosa del tubo digerente (di qui le stomatiti, esofagiti, gastriti, coliti di cui soffrono molti malati), il midollo delle ossa (di qui le anemie e la conseguente stanchezza) o la radice dei capelli (che quindi cadono). 


Che fare dunque? Innanzitutto prepararsi già prima di iniziare la terapia. 

Se già si soffre di stitichezza, ad esempio cambiare subito l’alimentazione: introdurre cibi integrali, ad esempio il pane integrale a lievitazione naturale, facile da trovare in molti negozi, e comunque facile da fare in  casa; ancor meglio il pane integrale con i semi di lino; 

o il riso integrale, che si cuoce in modo  diverso dal riso bianco (una tazza di riso ben lavato, due tazze di acqua fredda, un cucchiaino da caffè raso di sale marino integrale, cuocere a fuoco bassissimo per tre quarti d’ora, il riso è pronto quando ha consumato tutta l’acqua), o altri cereali integrali con verdure, tutti da masticare molto accuratamente. 

I cibi ricchi di fibre non vanno bene, invece, in caso di colite, né durante i cicli di ‘chemioterapia’, specie i prodotti da forno, perché le fibre indurite dalla cottura possono irritare meccanicamente le mucose e peggiorarne l’infiammazione. 
Durante la chemioterapia, anche in caso di gravi infiammazioni delle mucose, va molto bene mangiare i cereali integrali sotto forma di crema, ad esempio la crema di riso (una tazza di riso integrale in sette tazze di acqua, sale marino, cuocere per due-tre ore a fuoco basso poi passare al setaccio in modo da togliere le fibre; oppure si può partire da una semola di riso integrale, meglio se macinata di fresco e poi tostata, con cui si può fare una crema in 10-15 minuti, sempre da passare al setaccio). 
Le mucositi del tubo digerente causano un’aumentata permeabilità intestinale, che favorisce l’assorbimento di sostanze potenzialmente tossiche. Per contrastare l’aumentata permeabilità è utile ispessire la crema di riso con l’amido tratto dalla radice del kuzu (sciogliere un cucchiaino di kuzu in poca acqua fredda, aggiungere alla crema e far bollire per pochi minuti). 
All’Istituto dei Tumori di Milano si possono frequentare corsi di cucina per chi deve fare la chemioterapia, dove insegniamo varie ricette a base di crema di riso, abbinate a creme di verdure, e altri accorgimenti per superare meglio questo periodo. 
Per prevenire o alleviare la colite è bene evitare carni e formaggi, perché nella putrefazione 
intestinale delle proteine animali si libera idrogeno solforato, che ha azione tossica sulla mucosa. 
Può andare bene però un po' di pesce, anche se ricco di proteine animali, perché il grasso del pesce 
riduce l’infiammazione.
Con attenzione si potranno introdurre creme di legumi o ricette a base di tofu, le cui proteine sono meno tossiche di quelle della carne perché contengono pochi aminoacidi solforati. Si possono usare le lenticchie rosse (decorticate). Eventuali altri legumi devono essere passati al setaccio per togliere la buccia. 
Se compare stitichezza si preparerà una deliziosa bevanda a base di agar agar (scioglierne un cucchiaino in una tazza di succo di mela senza zucchero, portare ad ebollizione per un paio di minuti, spegnere il fuoco e bere tiepido, prima che diventi una gelatina), tutte le sere per una settimana. La zuppa di miso che si mangia nei ristoranti Giapponesi è molto indicata per risanare il tubo digerente dai danni da chemioterapia e radioterapia, ed è facile da preparare (stemperare un mezzo cucchiaino di miso in un pò d’acqua tiepida, aggiungere in fine cottura a un brodo vegetale senza sale e spegnere il fuoco); se l’intestino è infiammato è utile fare il brodo utilizzando anche un centimetro di alga Wakame, che contiene mucillagini lenitive (dà un gusto di mare al brodo). Il rischio è che si associ il sapore nuovo del miso con il malessere del trattamento e poi non lo si voglia più gustare. Consigliamo quindi di introdurre la zuppa di miso e la crema di riso non nei primi giorni del trattamento ma solo quando è passata la nausea. Contro la nausea possono servire cibi salati e asciutti. Talvolta vengono consigliati cracker e parmigiano, cioè cereali cotti al forno e proteine animali, che come abbiamo detto sono controindicati perché causano irritazione meccanica e chimica. Consigliamo piuttosto di masticare bene una galletta di riso integrale (scegliere quelle con sale). 
Se compare diarrea un aiuto lo si può ricevere dal kuzu, che ha la proprietà di irrobustire le pareti dell’intestino. Se ne scioglie un cucchiaino in una tazza di acqua fredda e lo si porta ad ebollizione fino a che la preparazione non diventa trasparente, a questo punto si aggiungono alcune gocce di tamari (salsa di soia). Va bene anche ispessire con il kuzu la crema di riso. 
Poiché la chemioterapia può causare anemia, alcuni consigliano di mangiare carni rosse, ricche di ferro facilmente assimilabile. Per non esagerare con le proteine animali consigliamo piuttosto di 
usare in cucina le alghe marine, anche solo insaporire le zuppe con alga nori. 
Miso, alga nori, kuzu e tamari si trovano in vendita nei negozi di alimenti biologici. Con queste conoscenze si può migliorare l’alimentazione anche quando si è guariti. 
Alcuni frangenti della vita invitano a scelte più sobrie. Accogliamoli come opportunità.
Un pregiudizio diffuso è che durante la chemioterapia, per irrobustire l’organismo, sia bene  mangiare molto, e mangiare alimenti molto calorici, come gelati, o piatti conditi con burro e panna, o bevande zuccherate, e alimenti ricchi di proteine e di grassi, come uova, carni e formaggi. Questi consigli discendono dalla conoscenza che quando un tumore è in stadio molto avanzato i malati tendono a dimagrire e a perdere forze. Ma è ben dimostrato che le diete ipercaloriche e iperproteiche non aiutano. Questi consigli anzi sono pericolosi per chi si sottopone a chemioterapie precauzionali, come quella che si fa dopo l’intervento per tumore al seno. Durante la chemioterapia infatti le pazienti tendono ad ingrassare, mentre se non si ingrassa è più facile guarire.


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CISTERNINO: 
"La salute vien mangiando"


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IL CIBO DELL'UOMO
del DOTT. FRANCO BERRINO
ex Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva
VIDEO del PROGETTO ME ME ME
SINDROME METABOLICA, DIETA MEDITERRANEA, METFORMINA
del DOTT. FRANCO BERRINO
ex Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva
ISTITUTO NAZIONALE TUMORI

VIDEO:   http://www.youtube.com/watch?v=sAWPvdTmmnw

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PROTEINE NOBILI?


Si sa che se non ci sono abbastanza proteine da mangiare i bambini non crescono. Tutti abbiamo davanti agli occhi le immagini drammatiche dei bimbi africani, grandi occhi disperati e ventre gonfio. Si stima che nel mondo ogni sei secondi un bambino muoia di fame. Anche da noi c’era la fame nella prima metà del secolo scorso, e i medici sapevano quanto fosse importante il brodo di pollo per aumentare le difese immunitarie,  ed era la prima medicina per guarire un bambino denutrito. Si metteva la carne quando l’acqua era ancora fredda, senza sale, in modo che il brodo ne uscisse più ricco. Oggi le cose stanno diversamente e i nostri bambini  sono fin troppo nutriti (e anche noi genitori e nonni). Quando si ammalano è consigliabile tenerli un giorno leggeri piuttosto che arricchirne la dieta.
Ma di quante proteine hanno bisogno i nostri bambini? Ce lo dicono gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e degli Istituti Nazionali della Nutrizione: per un bimbo delle elementari circa 40 grammi al giorno. In realtà basterebbero meno, ma per essere sicuri che non ci siano carenze gli scienziati dei LARN (livelli raccomandati di nutrienti) abbondano sempre un pò.  
E quante proteine mangiano effettivamente i nostri bambini?
Esaminiamo un menu abituale:
colazione con 250gr di latte e biscotti  (10 gr di proteine)
a metà mattina uno yogurt (4gr)
pranzo con pasta al pomodoro (8gr) e parmigiano grattugiato (5gr), 50 gr di   pane (5gr),          100 gr di pollo (20gr), insalata e frutta (1gr)
merenda con una merendina (5gr)
cena con pasta in brodo o riso (5gr) e un bel cucchiaio di parmigiano (7gr),    50 gr di prosciutto o di formaggio, o un uovo (10 gr)
In tutto 80 grammi, il doppio del fabbisogno consigliato.

Con pochissime eccezioni (in pratica solo il sale, lo zucchero, e le bevande alcoliche) le proteine sono presenti in tutti gli alimenti, ma in diversa quantità: ce ne sono tante nei formaggi stagionati e negli affettati magri (fino al 40% del peso) e in certi legumi (30%), un po’ meno nelle carni e formaggi freschi, nel pesce e in noci nocciole e mandorle (15-25%), nei cereali (10%),  molto meno nelle verdure (1-5%). Le proteine di origine animale sono più “ricche” delle proteine di origine vegetale, perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali (cioè gli aminoacidi che non sappiamo sintetizzare e che quindi dobbiamo prendere dagli alimenti). Per questo sono state chiamate proteine “nobili” e per questo i medici le apprezzano di più. Inoltre le carni rosse sono ricche di ferro, e i formaggi sono ricchi di calcio.  Le fonti principali di proteine vegetali sono invece i legumi (fagioli, piselli, lenticchie, ceci, prodotti di soia), poveri di un aminoacido chiamato metionina, e i cereali, che hanno poca lisina. Per questo quasi ovunque nel mondo (fanno eccezione gli eschimesi!) la dieta base era costituita da cereali e legumi: la nostra pasta e fagioli, il cus-cus con i ceci del Nord Africa,  il riso con la soia dell’estremo oriente, la tortilla di mais con i fagioli neri del Messico. Perché mangiando cereali con legumi otteniamo tutti gli aminoacidi di cui abbiamo bisogno. Ci saziano senza darci una dose eccessiva di proteine, e se ci aggiungiamo un pò di verdure di stagione, e occasionalmente un prodotto animale (un pesce, un uovo, un pezzo di formaggio), avremo tutte le sostanze necessarie a proteggere la nostra salute.  Era la nostra vecchia dieta mediterranea. Orazio la pregustava, tornando a casa la sera “ad ciceri et porri laganique catinum” . Anche se talvolta troppo povera, troppo poco varia, e accompagnata da carestie e fame, è stata la nostra alimentazione per migliaia di anni,. Solo nell’ultimo mezzo secolo il cibo vegetale è stato in gran parte soppiantato dal cibo animale, e il consumo quotidiano di carni e latticini ha fatto aumentare smisuratamente la nostra dose di proteine.

Farà male ai nostri bambini l’eccesso di proteine e di cibo animale tipico della nostra dieta? Forse non immediatamente, ma alla lunga sì, farà male. I grassi animali che si trovano nei salumi, nei latticini e nei formaggi favoriscono il diabete e le malattie circolatorie, perché ostacolano il buon funzionamento dell’insulina e fanno aumentare il colesterolo e la pressione arteriosa. Le carni rosse, e soprattutto le carni conservate, sono una delle cause dell’aumento drammatico dei tumori dell’intestino, soprattutto perché sono ricche di ferro, che favorisce la formazione di sostanze cancerogene nel nostro tubo digerente. L’eccesso di proteine, inoltre, fa perdere calcio dalle ossa. Se mangiamo 40 gr al giorno di proteine (sarebbe sufficiente anche per gli adulti) ci basterebbe mezzo grammo di calcio al giorno, facilmente ottenibile anche dal cibo vegetale. Se invece ne mangiamo 80 grammi ci occorre un grammo al giorno di calcio, perché le proteine, e ancor più quelle di origine animale, tendono ad acidificare il sangue e l’osso cede sali di calcio quando occorre tamponare l’acidità. Il cibo animale, inoltre, con l’eccezione del pesce, favorisce gli stati infiammatori ed è probabile che l’eccessivo consumo di carni e formaggi contribuisca a causare le faringiti, tonsilliti, bronchiti, otiti, così frequenti nei nostri bambini (un’altra causa importante sono le sigarette dei genitori, e l’inquinamento delle città). Quando non c’erano gli antibiotici i medici curavano queste condizioni somministrando una purghetta. Cibarsi prevalentemente di prodotti animali, infatti, favorisce la stitichezza e le infiammazioni intestinali, e se i bambini non fanno bene la cacca sono più suscettibili alle infezioni respiratorie.

Che fare dunque? Ridurre le proteine animali! A scuola sarebbe sufficiente introdurle solo due giorni su cinque, una volta il pesce, una volta un formaggio di buona qualità, ad esempio sulla pizza, e magari la settimana dopo una volta una frittata e una volta una carne, ma senza dare carni conservate (prosciutti, insaccati, bresaola, wurstel). E gli altri giorni creare dei piatti a base di cereali, verdure e un po’ di legumi che piacciano ai bambini, ad esempio vellutata di verdure e lenticchie rosse e polpette vegetariane. Se i genitori lo desiderano potranno dare un cibo animale la sera, facendo attenzione che non se ne mangi più di una volta al giorno.

Ma come potremo far mangiare ai bambini dei semplici cibi vegetali quando sono abituati a mangiare quasi solo cibo animale? Il problema è serio, ed io ho solo tre ricette: la prima è che lo mangino quotidianamente anche i genitori, e che lo mangino con piacere perché i figli non mangeranno volentieri cibo che non piace ai genitori; la seconda è che sia buono, cioè di buona qualità e cucinato a regola d’arte, per consentire a grandi e bambini di riscoprire i gusti semplici del cibo sano; la terza è che siano introdotti con attenta gradualità, per evitare che un tubo digerente diseducato lo rifiuti. Si potrebbe provare?

Franco Berrino, direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva, dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. 

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